mercoledì 1 febbraio 2017

La Sirenetta di Andersen

Il tema del concorso "Ridefinire il Gioiello" di quest'anno, di cui sono attualmente finalista, verte sulla fiaba, sulle storie e sui libri che in qualche modo ci hanno ispirato.
Molti sono i libri che nel corso della vita mi hanno affascinata: da "Il viaggio della strega bambina" di Celia Rees a "Il dio dei sogni" di Alexander McCall Smith. Tuttavia - ed é abbastanza evidente per chi mi conosce - nulla mi ha ispirata più della fiaba della Sirenetta; naturalmente non la versione Disney, bensì l'originale racconto di Hans Christian Andersen del 1837.

Nella versione originale i toni della fiaba sono molto meno frivoli, più riflessivi e romantici, e l'ambientazione stessa risulta più legata alla vita marina che non a quella terrestre. La Sirenetta é arsa dall'amore per il bel principe, tanto da stringere un patto con la Strega del Mare: scambia la sua voce per diventare umana, ma se il principe dovesse sposare un'altra lei morirà di dolore trasformandosi in spuma di mare. All'inizio il principe la trova incantevole, ma essendo priva della voce non riesce a farsi amare davvero; egli quindi non ricambia la sua stessa passione e alla fine sposa la principessa di un regno vicino. L'unico modo che la protagonista possiede per tornare a essere una sirena é uccidere il principe con un pugnale che le sue sorelle hanno comprato dalla Strega del Mare, in cambio dei loro lunghi capelli, e bagnarsi le gambe con il suo sangue. La Sirenetta ama troppo il principe e si rifiuta di ucciderlo, decide dunque di sacrificare se stessa, gettandosi fra le onde e dissolvendosi in spuma di mare.

Un finale acre, dal sapore romantico e drammatico. Un finale che suggerisce di fare attenzione a cosa si desidera e a non cercare di essere quello che non si é. Il tema della diversità e della solitudine é  molto forte e viene affrontato con eleganza e "piedi piantati per terra". 

A Copenhagen c'é la statua che ritrae la Sirenetta di Andersen. Il tributo bronzeo é stato realizzato dallo scultore Evard Eriksen, nel 1913, il quale sembra aver colto perfettamente lo stato emozionale di una giovane donna non corrisposta che conosce l'infausto fato che l'attende. Il suo sguardo assente perso nel vuoto é colmo di un'immensa tristezza; la postura sembra dichiarare la sconfitta subita e la mancanza di forze per combattere l'ineluttabile destino avverso che l'ha colta nel fiore degli anni.
La delicatezza delle forme, il richiamo marino dei piedi/pinna, la posizione rivolta verso il mare sono un perfetto connubio ispiratorio.

Il gioiello che ho realizzato su questo tema riflette in toto i vari aspetti della protagonista reginetta del mare: i colori e la forma che ho scelto sono la proiezione di un mondo sommerso ricco di vita e di tesori nascosti, ma anche misterioso e talvolta letale.
Non potendo ancora svelare con quale creazione ho partecipato, vi rimando alle immagini delle profondità più nere degli abissi, dove l'assenza di luce tramuta in candide tutte le forme di vita, che convergono insieme in concrezioni naturali caotiche eppure ordinate.


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